Francesco d’Assisi fu fatto santo nel 1226 a neppure due anni dalla morte. Eppure se ci fu uno nella storia che scandalizzò l’intero suo tempo, che inquietò i benpensanti dell’epoca, Chiesa compresa, fu proprio quel “Poverello d’Assisi”, incisivo non solo nell’iconografia popolare ma pure nel ruolo politico e addirittura nella dimensione internazionale.
E forse nella storia bimillenaria della cristianità soltanto San Francesco ha avuto lo stesso impatto decisivo e sconvolgente che ha avuto nei nostri anni il papa venuto dall’Est. Per comprendere la portata della “scossa” che determinò nella cronaca del mondo e nella vita della Chiesa con i suoi intensi 27 anni di pontificato ci vorranno ancora molti decenni di analisi e di scavo, soprattutto sulla vastità del suo pensiero.
Certo, ombre non sono mancate in un periodo così lungo: ed è un bene che i dubbi e le critiche anche radicali vengano alla luce nell’imminenza della canonizzazione, come ha fatto in anteprima proprio Affaritaliani.it . E tuttavia limitarsi a quelle, per fondate che siano, appare più il dispetto di “anime belle”, il tormento degli “angelisti” (così in voga nell’universo mediatico) che all’insegna del “politically correct” vorrebbero i cristiani svirilizzati e accomodanti al “pensiero unico”e confinati alle opere di carità.
E non hanno mai sopportato in realtà l’irruzione energica e vitale di quest’uomo che, avendo patito nella sua carne l’occupazione nazista e il lungo inverno della dittatura comunista, riproponeva in tutto il pianeta la forza misteriosa e pubblica della religione. Con effetti politici straordinari: dal crollo del Muro al rifiuto della guerra, dalla critica al capitalismo e alla globalizzazione alla speranza di riscatto per i Paesi affamati.
Che poi non abbia seguito il governo minuto dell’istituzione e abbia tollerato vicende oscure non è probabilmente in discussione. Ma capita a tutti i Grandi di “fare il fuoco con la legna che si ha, anche quella marcia”. E resta nell’immaginario collettivo la sensazione di un gigante della storia, un “atleta di Dio” che non si è vergognato della malattia e del disfacimento fisico, per continuare fino all’ultimo a trasmettere con il suo carisma il messaggio che era chiamato a portare. I popoli della Terra, più la gente semplice che i colti disincantati, ne hanno compreso la essenziale autenticità. E quel “santo subito” risuonato alla sua morte era il richiamo sincero di molti figli (anche scettici ed atei) consapevoli di aver perso un padre, magari imperfetto, ma certamente esemplare.
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