Arriva dal cuore del distretto calzaturiero marchigiano la nuova scarpa infradito ecologica. La particolarità? E’ realizzata con una gomma parzialmente biodegradabile, che sostituisce materie prime vegetali a quelle di origine petrolifera.
Il risultato? Come recita lo slogan: “Le indossi tutta la vita, si degradano in 2 anni”. La Tecnofilm, azienda di Casette D’Ete, ha brevettato infatti il materiale che si degrada in 748 giorni a fronte dei 500-1000 anni che impiega invece la gomma. Il progetto delle infradito nasce da un’idea di Ronni Ricci, operatore del commercio equo di Porto San Giorgio, nelle Marche, nell’ambito di “Eco Marche Bio. Cammina consapevole”. Eco Marche Bio è nato un anno e mezzo fa e propone collezioni di scarpe per tutti (bambini, donna e uomo) “che non si distinguono per il marchio che espongono ma che ‘rispondono’ alla voglia di un mondo più pulito e giusto”.
“Nella nostra zona nota per le scarpe sono riuscito a coinvolgere più calzaturifici, per fare insieme un cammino dentro l’economia solidale – spiega Ricci – . L’idea è creare una filiera produttiva, fatta da gente normale, non da chi è fissato con l’economia solidale, privilegiando le piccola realtà piuttosto che i grandi calzaturifici e puntando a un prezzo equo sia per chi produce sia per chi acquista”.
Il progetto si distingue per 3 “carte d’identità”: la carta di sostenibilità ecologica, quella sociale e quella economica. La prima: per ogni modello è specificato il materiale usato per produrlo ovvero pelli, fodere e cuoio conciati al vegetale e colorati al naturale cioè senza sostanze tossiche - coloranti azoici, nichel, pentaclorofenolo, cromo VI - nocive per l'uomo e per l'ambiente e che sono solitamente ben tollerati dalle persone allergiche, grazie all'assenza di prodotti sintetici e metalli pesanti. La seconda: i produttori sono tutti piccole e piccolissime ditte che si trovano nel distretto calzaturiero del fermano, a conduzione familiare, che non appaltano a paese in via di sviluppo dove non esistono gli standard di sicurezza sul lavoro. L’ultima: il costo è “sostenibile”, perché le scarpe provengono da una filiera corta.
“Abbiamo fatto le prove e ora siamo nell’ambito della prima produzione – conclude Ricci - . Il prodotto è assemblato dalla cooperativa sociale L’Arcobaleno e sarà commercializzato anche grazie ai mercatini”. Anche la confezione non poteva non essere ecologica: una retina di cotone biodegradabile.
“Nella nostra zona nota per le scarpe sono riuscito a coinvolgere più calzaturifici, per fare insieme un cammino dentro l’economia solidale – spiega Ricci – . L’idea è creare una filiera produttiva, fatta da gente normale, non da chi è fissato con l’economia solidale, privilegiando le piccola realtà piuttosto che i grandi calzaturifici e puntando a un prezzo equo sia per chi produce sia per chi acquista”.
Il progetto si distingue per 3 “carte d’identità”: la carta di sostenibilità ecologica, quella sociale e quella economica. La prima: per ogni modello è specificato il materiale usato per produrlo ovvero pelli, fodere e cuoio conciati al vegetale e colorati al naturale cioè senza sostanze tossiche - coloranti azoici, nichel, pentaclorofenolo, cromo VI - nocive per l'uomo e per l'ambiente e che sono solitamente ben tollerati dalle persone allergiche, grazie all'assenza di prodotti sintetici e metalli pesanti. La seconda: i produttori sono tutti piccole e piccolissime ditte che si trovano nel distretto calzaturiero del fermano, a conduzione familiare, che non appaltano a paese in via di sviluppo dove non esistono gli standard di sicurezza sul lavoro. L’ultima: il costo è “sostenibile”, perché le scarpe provengono da una filiera corta.
“Abbiamo fatto le prove e ora siamo nell’ambito della prima produzione – conclude Ricci - . Il prodotto è assemblato dalla cooperativa sociale L’Arcobaleno e sarà commercializzato anche grazie ai mercatini”. Anche la confezione non poteva non essere ecologica: una retina di cotone biodegradabile.
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