L’efferatezza del delitto, la lucidità con cui ha agito e, soprattutto, l’aver esposto la figlia di 21 mesi a una simile situazione (la piccola dormiva verosimilmente in auto mentre la mamma veniva uccisa nel bosco a Ripe di Civitella), per la pubblica accusa rendono Salvatore Parolisi, caporalmaggiore dell’Esercito, un soggetto "estremamente pericoloso". In altre parole: potrebbe uccidere ancora. Si mettono male le cose per il marito di Melania Rea, la ragazza di 29 anni uccisa in provincia di Ascoli. Ore d'attesa per il caporalmaggiore dell'esercito, indagato per l'omicidio volontario aggravato della moglie,. Il gip di Ascoli Carlo Calvaresi, al quale la Procura di Ascoli ha chiesto una misura cautelare per il vedovo, sta infatti leggendo i faldoni dell'inchiesta per decidere se ci sono sufficienti indizi per arrestare l'uomo. Una misura richiesta dai magistrati ascolani non tanto per il pericolo di fuga o di reiterazione del reato, quanto per il pericolo di inquinamento delle prove. Parolisi, in effetti, cancellò il suo profilo Facebook all'indomani della scomparsa della moglie (oggi si sa che era già morta) e successivamente nascose uno dei suoi cellulari.
UCCISA MENTRE LA BIMBA ERA IN AUTO - Ma soprattutto, se il quadro accusatorio tiene, l'uomo avrebbe ucciso Melania mentre la loro bambina dormiva in auto. Oggi, secondo quanto riferiscono i suoi avvocati, tornerà regolarmente ad Ascoli, nella caserna del Reggimento Piceno, per riprendere servizio, ma non più come istruttore delle giovani reclute. Prima, passerà a ritirare la sua auto al Ris di Roma, dove la vettura - una Renault 'Scenic' - è stata passata al setaccio. Ora è stata dissequestrata, e, sempre secondo i suoi legali, non avrebbe offerto nessun appiglio all'accusa. I carabinieri, in particolare, hanno fatto accertamenti sul portabagagli, dove si trovava tra l'altro una delle due valigie anch'esse sequestrate alcuni giorni fa. Per gli inquirenti, il soldato, dopo aver ucciso sua moglie al Bosco delle Casermette, deve essersi per forza tolto gli abiti sporchi di sangue e per questo l'attenzione era rivolta al trolley, che poteva contenere un cambio. Ma la difesa non ci sta. È convinta che a uccidere Melania sia stata una donna, come indicherebbe la presenza di Dna femminile, misto a quello della stessa vittima, sotto l'unghia dell'anulare sinistro della Rea.
Melania, secondo l'accusa, non ha reagito e non si è difesa perché "si fidava totalmente della persona con la quale si trovava in quel momento nel boschetto di Ripe...". Gli ultimi attimi di vita di Carmela Rea non sono dunque quelli della preda, della donna che capisce di essere finita in trappola. Dall'autopsia rimbalza l'immagine di una persona passata in pochi istanti dalla vita all'inferno di un'agonia durata 45 minuti. Anche l'unghia dell'anulare sinistro, sotto la quale è stato trovato il profilo del Dna di un'altra persona (una donna), è intatta, nonostante si trattasse di un'unghia ricostruita, particolarmente lunga e fragile: e questo, secondo gli investigatori, "esclude che ci sia stata lotta o resistenza da parte di Melania". S
ELEMENTI CONTRO SALVATORE - Contro il marito pesano due elementi: l'ora del delitto (tra le 14 e le 15 del 18 aprile: la stessa fascia oraria nella quale, a detta di Parolisi, lui e la moglie avrebbero dovuto trovarsi a Colle San Marco per far giocare la piccola Vittoria) e il fatto che i telefonini della coppia risultano agganciati in quel lasso di tempo alla cella di Ripe. Oggi sono tre mesi che Melania è stata uccisa. E se solo ora la Procura si è decisa ad affondare il colpo, ciò non deriva solo dall'incrocio dell'analisi dei tabulati, degli esami dei Ris e dell'autopsia, ma anche dalla dinamica di un omicidio definito «di rara efferatezza».
PRESA ALLE SPALLE - Più che il timore di un inquinamento delle prove, alla base della richiesta di custodia cautelare avanzata al giudice per le indagini preliminari vi sarebbe "la pericolosità" di Parolisi, il rischio che possa far del male a sé o ad altri. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Melania è stata presa alle spalle, in un tentativo di "scannamento" che molto ricorda le tecniche militari. Poi, mentre con i calzoni abbassati tentava una goffa quanto inutile fuga, è stata colpita da 6 coltellate alla schiena e 20 tra capo, collo e tronco. Con l'aggravante, è la tesi della Procura, che tutto ciò sarebbe avvenuto alla presenza della piccola Vittoria, all'epoca di 18 mesi, che dormiva nell'auto parcheggiata vicino allo chalet di Ripe.
Nessun commento:
Posta un commento